BASTONCINI DI ZUCCHERO

Deliziosi da vedere, gli stecchi di zucchero sonno una piccola raffinatezza per mescolare i cocktail o il caffè oppure da offrire ai bambini come un lecca lecca. Fate sciogliere sul fuoco 900 gr di zucchero in 300 ml di acqua. Immergetevi per metà degli stecchini di legno, quindi impanateli con cristalli di zucchero Demerara. Distribuite lo sciroppo freddo in 8 bicchieri e coloratelo con coloranti naturali. Immergetevi i bastoncini tenendoli sospesi con una molletta e lasciate cristallizzare per 5-6 giorni. Sgocciolate gli stecchi, fateli asciugare su carta da forno e conservateli in una scatola ermetica.

RADICCHIO IN SAOR

  • 4 cespi di radicchio
  • 1 grossa carota
  • 5 dl di vino rosato
  • 3 cipolle rosse
  • 6 bacche di ginepro
  • 3 cucchiai di aceto di vino bianco
  • olio extravergine di oliva
  • sale

Lava e taglia a spicchi i cespi di radicchio; asciugali, condiscili con 2 cucchiai di olio e un pizzico di sale; disponili su una placca ricoperta di carta da forno e infornali a 180° per 5 minuti; sforna e tieni da parte. Sbuccia le cipolle, raschia e lava la carota, poi affettale con la mandolina; trasferiscile in una casseruola e falle appassire a fuoco dolce per 5 minuti con 2 cucchiai di olio; unisci le bacche di ginepro, il vino e l’aceto, lascia sobbollire per 20 minuti circa. Scola le verdure e tieni da parte il liquido di cottura. In una terrina disponi il radicchio e le verdure scolate alternandole a strati; copri con il liquido di cottura e lascia riposare almeno 12 ore in frigo. Puoi servire con polenta abbrustolita.

LA PRINCIPESSA E’ UN VAMPIRO?

All’inizio del XVIII secolo si scatenò, in diverse parti d’Europa, la caccia ai vampiri, provocando un vero e proprio fenomeno di isteria collettiva. Era un periodo di grandi contraddizioni in cui il divario fra aristocrazia, che viveva nel lusso, e povera gente in miseria sembrava accentuarsi sempre di più. A quest’ultima classe sociale si riteneva appartenessero i vampiri, persone ai margini della società che, una volta morte, avrebbero conservato un colorito roseo, con unghie e capelli che continuano a crescere per poi risuscitare e cibarsi del sangue dei vivi. Fino a qualche tempo fa non c’erano le prove concrete che i rituali per scongiurare la resurrezione dei vampiri fossero davvero stati applicati, ma la scoperta di una particolare sepoltura ha portato nuova luce sull’argomento.  Su 3 scheletri trovati in Boemia apparivano vari segni identificativi: l’impalamento, il cranio mozzato e posto tra le gambe, una pietra in bocca in modo che non avessero potuto cibarsi del sudario degli altri cadaveri se si fossero risvegliati, e tutti erano bloccati da grossi pietroni messi per impedire che uscissero dalle loro tombe. La tragica scoperta dei 3 defunti è legata alla figura della principessa Eleonore,  alla cui storia pare si sia ispirato Bram Stoker. Eleonore era una nobildonna ceca andata in sposa nel 1701 al principe austriaco Adam Von Schwarzenberg. Viveva fra la residenza viennese del marito e quella boema nel paese di Cesky Krumlov e le vicende della sua vita si possono seguire attraverso i documenti conservati nell’archivio del catsello. Donna colta e raffinata, trascorreva l’esistenza tra eventi mondani e battute di caccia, delle quali anche il marito era un fervente sostenitore. Per un certo tempo non riuscì a procreare e cominciò ad accogliere dei lupi nella sua tenuta. All’epoca si riteneva che il latte di lupa aumentasse la fertilità, ma nel paese la questione poco importava. Interessavano molto di più gli ululati provenienti dal parco che terrorizzavano gli abitanti convinti che i lupi fossero simboli di Satana e dei vampiri, alimentando le prime preoccupazioni sui comportamentio della principessa. A 40 anni Eleonore ebbe un figlio maschio e l’evento suscitò clamore perchè si credeva che a quell’età una donna non potesse più procreare. Nel 1732 il marito restò vittima di una battuta di caccia e il figlio venne accolto alla corte di Vienna. A Eleonore non restò che una rendita di 5000 monete d’oro e molta solitudine. Cominciò così a diventare superstiziosa e a spendere molto denaro in sedute mediche, pozioni e cure, ma i dottori non riuscivano a capire di cosa soffrisse la donna sempre più emaciata e magra. Come voleva la medicina del tempo, un mix spesso letale di scienza, superstizione e magia, le venne inflitta una serie di salassi che non fece che peggiorare le sue sempre più precarie condizioni. Ridotta all’osso, pallida e anemica, spesso confusa, fù trasferita nella residenza viennese e lì passò a miglior vita il 5 maggio 1741. Stranamente al cadavere della donna venne fatta l’autopsia, pratica che fù profumatamente pagata e che di solito non veniva eseguita sui corpi dei nobili. Non si trovò posto per lei nella cappella di famiglia nella capitale austriaca, ma la salma fu trasferita in fretta e furia in Boemia, dove si tenne anche il funerale, celebrato di notte, a cui mancarono i nobili e persino il figlio. Le sue spoglie furono sepolte nella cappella della chiesa di San Vito e una lapide semplicissima ricorda ancora oggi la sua presenza. Le strane circostanze della malattia della donna non malata e le voci inquietanti che si erano accumulate nel tempo convinsero i paesani e aristocratici che fosse diventata un vampiro, per questo probabilmente si credette opportuno allontanarla dalla capitale furtivamente. L’autopsia poi poteva in qualche modo sostituire o camuffare i rituali previsti contro i vampiri: decapitazione, impalamento al cuore e rogo. Ma, dal momento che si riteneva il vampirismo una piaga contagiosa, chi poteva avere infettato la principessa? Nel paese si scatenò una specie di caccia all’untore e la furia superstiziosa dovette prendere di mira alcuni cadaveri: quelli riportati alla luce dagli archeologi 250 anni dopo gli eventi. Si trattava di 3 persone, apparentemente di infima estrazione sociale, che dovevano essersi suicidate e questo si considerava uno dei segnali che identificavano i vampiri. Le loro sepolture violate furono ritrovate manomesse come sopra descritto. I ricercatori esaminarono anche la tomba della principessa Eleonore inserendo una sonda nella sepoltura. La donna risultò tumulava in una fossa di cemento ricoperta di terra consacrata e assicurata da una grossa pietra, come se si volesse in ogni modo essere certi che dalla bara non sarebbe potuto uscire nessuno mai più. Il vaglio del referto medico compilato in seguito all’autopsia rivelò inoltre la verità nascosta: Eleonore aveva contratto  un cancro pelvico con metastasi e di questo era morta. L’imperatrice Maria Teresa D’Austria, sovrana dal 1740 al 1780, dopo vari episodi tragici attribuiti alle azioni dei vampiri, si preoccupò dell’isteria del vampirismo e inviò ad indagare un medico di sua fiducia. Alla fine delle ricerche l’esperto sentenziò che i vampiri non esistevano ed erano il prodotto dell’ignoranza della gente. L’imperatrice fece sua questa convinzione e vietò di compiere qualsiasi pratica rituale contro i presunti vampiri.

 

INSALATA DI POLLO CON MIGLIO

  • 200 gr di miglio decorticato
  • 300 gr di petto di pollo
  • 3 zucchine mignon
  • 1 finocchio
  • 2 pomodori sodi
  • 1 peperone
  • 4 rapanelli
  • olio evo q.b
  • sale q.b

Sciacqua il miglio e cuocilo in acqua bollente salata finchè non sale a galla, 15 minuti. Scolalo, raffreddalo sotto l’acqua fredda, sgranalo con una forchetta e aggiungi un po di olio. Intanto fai alla griglia il petto di pollo e il peperone, poi tagliali a striscioline e condiscili con l’olio. Lava le altre verdure e tagliale a pezzetti. Unisci il miglio alle verdure e al pollo e condisci poi con olio e sale.

SUCCO ACE

  • 1 carota
  • 2 arance
  • 1 limone piccolo
  • 200 ml di acqua

Lava e sbuccia la carota. Poi pela a vivo l’arancia e il limone: oltre alla buccia, devi togliere tutta la pellicina bianca che altrimenti darebbe un gusto amaro al succo.  Frulla tutto nel mixer: dovreste ottenere circa 600 ml di composto. Ora aggiungi l’acqua in modo da rendere la purea meno densa. Mescola bene il tutto fino ad ottenere un composto abbastanza liquido e filtralo in una caraffa con un colino a maglia fine. Premi bene il composto nel colino con un cucchiaio di legno,  in modo da recuperare tutto il succo. Conserva in frigo ben  coperto per un paio di giorni al massimo.

MOZZARELLA DI BUFALA DOP

Seguendo le orme dei più grandi chef, conviene gustarla nel modo più semplice possibile: a crudo con un filo di olio extra vergine, poco acido e fruttato, o di miele, delicato, come il millefiori o quello di acacia, e un buon pane di frumento, non integrale perchè ne coprirebbe il sapore. Per gli accostamenti con gli aromi e verdure sono da rispettare quelli tradizionali: pomodoro e basilico oppure origano. E’ ricca di proteine nobili, calcio, vitamine, soprattutto del gruppo b, ed è bassa in colesterolo. In dosi ragionate, è concessa anche nelle diete estive, come la mozzarella vaccina, da cui si discosta di solo 20 calorie. E’ un formaggio fresco a pasta filata, realizzato con lo stesso procedimento della mozzarella vaccina, da cui il nome, che deriva dall’atto di mozzare la massa coagulata per ridurla nei vari formati. La sua tradizione è radicata in Campania da tempi antichi, tra il X e il XII secolo, quando vennero introdotti i bufali in Italia come animali da fatica. E’ stata a lungo ritenuto un prodotto umile, destinato a chi lavorava i campi, per poi guadagnare via via sempre più considerazione e diventare uno tra i formaggi più imitati in Italia e all’estero.  Oggi, se vogliamo gustare quella autentica, dobbiamo controllare che siano presenti la scritta mozzarella di bufala campana dop, il marchio del consorzio e il bollino della dop. E’ prodotta con solo latte intero fresco proveniente da casertano e salentino, oltre che da alcuni comuni delle regioni limitrofe. Esiste, ed è ottima, anche in versione affumicata. Contiene 250 calorie per etto; meno del quartirolo, 297 calorie, e della crescenza, 280 calorie. Va consumata preferibilmente entro 24 ore tenendola fuori dal frigo, nella sua confezione. Nella stagione calda, oltre 20°, è bene immergerla in acqua fredda, sempre con l’incarto. Se invece la compri per consumarla dopo qualche giorno, può stare in frigo fino alla data di scadenza indicata: ricorda sempre di portarla a temperatura ambiente prima di mangiarla,  altrimenti sarà gommosa e meno profumata. Quando la accompagni ad altri ingredienti, soprattutto se la metti sulla pizza, lasciala sgocciolare bene in un colino: contiene molto siero.

IL FEGATO DI VITELLO

E’ il più ricercato per le sue caratteristiche in cucina: di colore nocciola rosato, è tenero e di gusto più delicato rispetto a quelli di manzo e di maiale, che hanno sapore più pronunciato. Anche il fegato di vitellone, 18-24 mesi, sebbene sia un po meno dolce di quello di vitello, ha virtù gastronomiche equivalenti, con il vantaggio di costare la metà. Il fegato è un alimento con ottime proprietà nutrizionali, è ricchissimo di ferro, vitamine e proteine nobili, tuttavia il timore più diffuso è che possa contenere residui di sostanze tossiche o altri prodotti utilizzati nell’allevamento da cui arriva l’animale. Pertanto, conviene assicurarsi della provenienza del prodotto, tenendo presente che nei paesi occidentali vengono effettuati controlli rigorosi. Il fegato va consumato a poche ore dall’acquisto perchè si ossida facilmente. E’ sconsigliato congelarlo perchè perderebbe consistenza.

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RISO SELVAGGIO E TROTA ALL’ARANCIA E ROSMARINO

  • 320 gr di riso selvaggio
  • 600 gr di filetti di trota
  • 2 arance bio
  • 40 gr di olio evo
  • 5 rametti di rosmarino
  • sale

Disponi il rosmarino in una teglia antiaderente insieme ai filetti di trota con la pelle rivolta verso il basso. Sala, copri con un foglio di alluminio e cuoci in forno a 180° per 15 minuti. Nel frattempo lessa il riso secondo le indicazioni della confezione, scolalo e fallo saltare in una padella anti aderente con 1\3 dell’olio, infine sfuma con il succo di arancia. Servi il riso con sopra il pesce e insaporisci coin una grattugiata di scorza di arancia e il restante olio a crudo.

 

INSALATA DI RISO CON IL TOFU

Taglia a dadini 300 gr di tofu affumicato e lascialo marinare per 45 minuti in un’emulsione di extra vergine e peperoncino fresco tritato. Cuoci 125 gr di riso integrale, scola e lascia raffreddare. Prepara un’emulsione con 4 cucchiai di brodo vegetale, 2 cucchiai di extra vergine, 2 di aceto bianco, 1 cucchiaino di senape, sale pepe. Versa sul riso, aggiungi qualche ravanello e un cetriolo tagliato a dadini e mescola. Griglia su una padella anti aderente i cubetti di tofu e aggiungili all’insalata. Guarnisci con prezzemolo e anacardi tritati e servi.