Il taglio proviene dai muscoli della spalla; come il nome stesso anticipa, ha una forma affusolata ed è forse il taglio più magro tra quelli di seconda categoria. Infatti, affettato dalla parte più spessa, talvolta si può usare per bistecche. E’ chiamato anche girello o rotondino di spalla. Ottimo in umido, brasato o stracotto, intero o a spezzatino, da ottimi risultati anche bollito o arrosto, in forno oppure in casseruola, con un fondo abbondante.
Mese: agosto 2020
LA LEGGE DEL PIU’ FORTE
L’austera famiglia giansenista degli Arnaud, persuasa che, nei conflitti, si debba pregare e fuggire, contava un solo generale, detto Du Fort. Un giorno che un monaco predicava che è inutile essere valorosi perchè è Dio che manda le vittorie, Du Fort protestò:” MI guastate i soldati, si sa che Dio sta dalla parte di chi picchia più forte”.
FLIGENDE BLATTER
La Terra è la sala d’attesa per il viaggio nell’aldilà.
SI FA PRESTO A DIRE RAPE
RAPE: sono le radici di una pianta della famiglia dei cavoli, crucifere, e hanno forma rotonda o allungata. Di consistenza simile alle patate, sono più croccanti e hanno un sapore dolciastro. Oltre a essere ricche di minerali, in particolare zolfo, da cui dipende il caratteristico odore in cottura, e vitamine, le crucifere hanno dimostrate proprietà anti tumorali: in particolare contengono composti che sembra rimuovano le scorie tossiche che si accumulano nel nostro organismo.
CAVOLI RAPA: alla famiglia delle crucifere appartengono anche i cavoli rapa, con poche foglie verdi e la parte commestibile costituita dal fusto ingrossato e tondeggiante, purpureo o verde, simile alla rapa come forma e colore.
SEDANO RAPA: anche la parte edibile del sedano rapa, o di Verona, è costituita dalla voluminosa radice, che ha un sapore fresco e delicato simile a quello del sedano alla cui famiglia appartiene. Contiene vitamine, lecitina, che regola i livelli di colesterolo, minerali e fibre, ma ha poche calorie.
BARBABIETOLA: della barbabietola, detta rapa rossa, della famiglia delle bietole, si consumano in radici purpuree a forma di tubero, ma anche le foglie sono commestibili. Ricca di zuccheri, non è indicata per i diabetici, ed energetica, è una miniera di polifenoli antiossidanti, nei pigmenti rossi, che proteggono dalle malattie cardiovascolari.
LE ALTRE NOCI
DEL BRASILE: sono prodotte da un grande albero che cresce spontaneamente in Amazzonia. Per eliminare il guscio duro, meglio metterle in forno per 15 minuti o surgelarle: con lo sbalzo di temperatura, si sgusceranno facilmente. Ricchissime di selenio, efficace antiossidante, le noci hanno un gusto simile al cocco. Sono ottime nei dolci, soprattutto con il cioccolato.
ANACARDI: sono i semi oleosi di una pianta tropicale originaria del Brasile, detti anche noci di acagiù. Meno grassi e calorici delle altre noci, hanno sapore tenue e sono deliziosi come aperitivo. Nella cucina orientale vengono spesso abbinati a verdure, riso e carni bianche.
PECAN: sono gli USA il maggior produttore di queste noci di origine americana. Simili alle nostre, sono più allungate e rossicce. Vero tesoro di antiossidanti, sono considerate protettive della salute del cuore. Il gusto intenso,burroso, è perfetto per torte,pie, biscotti, brownies.
MACADAMIA: originarie del Queensland australiano, oggi arrivano in gran parte dalla Hawaii. Il guscio durissimo racchiude una noce cara di gusto delicato, molto calorica e ricca di grassi e minerali. Da provare in dolci, gelati, panature e zuppe.
IL MAIALE: UNA STORIA CULTURALE
Pochi animali sono stati investiti di un carico simbolico tanto contraddittori quanto quello riservato al maiale. Se da una parte, infatti, è stato fin dagli albori della sua domesticazione una preziosissima fonte di proteine nobili e una riserva di cibo per i freddi mesi dei lunghi inverni europei, dall’altra ha sempre racchiuso in se gran parte dei vizi che gli uomini vedevano in loro stessi, divenendo oggetto di disprezzo. Nelle 3 grandi religioni monoteiste, il maiale ha rappresentato qualcosa di così spregevole da venire addirittura vietato in 2 di esse, l’ebraismo e l’islam, rivestendo un ruolo invece più ambiguo nel cristianesimo, forse anche per questioni di mera convenienza economica. Nell’Antico Testamento, e più in particolare nel Levitico e nel Deuteronomio, agli israeliti il consumo della carne di maiale è vietato dalla legge di Mosè, divieto mai messo in discussione. Gli storici e gli antropologi hanno da tempo cercato le basi di tale proibizione, avanzando una moltitudine di spiegazioni, anche se nessuna convincente o definitiva. Ma non è solo il consumo di carne di maiale ad essere stigmatizzato dalla religione ebraica, bensì l’animale vivo o altre parti del suo corpo, dalle pelle alle viscere. Nel Talmud, addirittura, si evita di citare il nome del maiale, sostituendolo con espressioni ambigue quali altra cosa, davar acher. Le cause sono state ricercate a volte adducendo argomenti di tipo medico, altre di carattere maggiormente simbolico. Per Maimonide, per esempio, il maiale diventa impuro a causa delle sue abitudini comportamentali, caratterizzate dal nutrirsi di rifiuti e dalla sua abitudine a rotolarsi nel fango o nel sudiciume. Altri commentatori sollevano questioni di tipo medico, come la supposta scarsa digeribilità della sua carne oppure l’elevata deperibilità favorita dal clima caldo del Medio Oriente, argomento, quest’ultimo, facilmente confutabile dal suo allevamento e consumo da parte di popolazioni limitrofe non ebree, come i moabiti o gli ammoniti. Sono state proposte ragioni di ordine totemico, perchè animale totem per antiche popolazioni ebraiche oppure, al contrario, perchè animale protagonista delle funzioni idolatre dei cananei, popolazione che precedette gli ebrei e loro rivale. Lo stigma, il tabù, rappresenterebbe quindi una volontà di distinguere il puro dall’impuro, in particolare per popoli in cerca di una propria identità solida. A tak fine il dividere il mondo tra noi e loro è una delle strategie più efficaci. Anche all’interno dell’islam e del suo libro sacro, il Corano, è difficile risalire alla natura del divieto, sebbene le cause di fondo, probabilmente di natura simbolica, affondino le radici in quelle già citate per l’ebraismo. Nel cristianesimo, almeno inizialmente, il percorso simbolico del maiale è simile a quello delle altre 2 religioni: nelle scritture viene sempre svilito, tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento, fino ad arrivare a considerare il mestiere di guardiano di porci quale sommo abbruttimento come, per esempio, nella parabola del figliol prodigo. I predicatori e i teologi medievali giunsero a considerare il maiale come una delle forme del demonio, forse a causa di quel passo dei Vangeli in cui Gesù ordinò ai demoni che tormentavano un uomo presso il paese dei geraseni di uscire dal disgraziato e di entrare in un gruppo di maiali che mangiava li vicino, per poi gettarsi da una rupe nel lago di Tiberiade. Questo non impedì,però, di allevare e consumare carne di maiale in maniera crescente per tutto il Medioevo, nè di affiancarlo anche a un santo come Antonio abate. Figlio di una nobile famiglia dell’Alto Egitto, nato intorno al 251 d.c., Antonio perse in giovane età entrambi i genitori. Venduto tutto, scelse la vita da eremita, rifugiandosi nel deserto egiziano per pregare e vivere in solitudine. Così come Gesù, anche Antonio fu vittima delle tentazioni del demonio, come descritto dal so primo biografo, Sant’Atanasio. Tra le altre, Satana assunse le sembianze di animali come leoni, serpenti, lupi, orsi e cinghiali. Nella trasposizione iconografica europea, però, dal deserto si passò al fitto bosco medievale e gli animali si ridussero a 2: il lupo e il cinghiale. Nel XIII secolo, infine, a partire dalla Valle del Rodano, il cinghiale si trasformò in maiale e da feroce bestia satanica divenne un fedele compagno del santo, forse a causa degli antoniati, ordine ospedaliero devoto al santo che praticava l’allevamento dei maiali per sfamare i degenti delle strutture sanitarie di sua competenza. La storia del maiale, quindi, oltre a essere una straordinaria storia che intreccia agronomia ed economia, è anche un epoca culturale e simbolica che affonda le proprie radici nei primordi dell’umanità, come a nessun animale è stato concesso di fare, neppure al cane.
GIUSEPPE MAZZINI
L’educazione è il pane dell’anima.
FARINA DI MAIS
Detta anche farina gialla o per polenta, esiste in varie tipologie e gradi di macinatura. Le più diffuse sono il fioretto, a grana fine e la bramata a grana grossa. La migliore è quella di mais macinata a pietra da mulini artigianali.
CURIOSITA’
Nel porto di New York è stata pescata un’ostrica che era cresciuta abbarbicata ad una dentiera.
STRACCI CON VONGOLE E FINOCCHIETTO
- 1 Kg di vongole veraci
- 300 gr di farina 0
- 3 uova
- 2 bustine di zafferano
- 1 dl di vino bianco
- 20 gr di finocchietto
- 1 spicchio di aglio
- olio extra vergine di oliva
- sale
- pepe nero
Sciacqua le vongole e mettile per 60 minuti in una ciotola con acqua salata. Versa la farina a fontana su un piano, rompi al centro le uova, unisci lo zafferano, 1 cucchiaio di olio e il sale, lavora con una forchetta e poi con le mani fino ad ottenere una pasta liscia, da stendere e tagliare a rettangoli. Metti le vongole in un tegame con l’aglio schiacciato, il vino bianco, 2 cucchiai di olio e metà finocchietto. Copri e cuoci a fiamma alta finchè le vongole si aprono, poi scolale eliminando metà delle valve. Filtra il fondo di cottura, unisci il finocchietto rimasto, frulla. Cuoci gli stracci in acqua bollente salata per 30 secondi, scolali, versali in un tegame con il fondo di cottura delle vongole, unisci i molluschi e salta finchè il fondo di cottura e un po assorbito. Servi con una macinata di pepe.
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