Uno dei giochi che si fanno da bambini, al mare o in piscina, è resistere sott’acqua trattenendo il fiato il più possibile. Certo non si ottengono risultati come quelli della saga di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, ma Percy, anche se in quel momento non lo sapeva, riusciva a stare così tanto sul fondo della piscina perchè era il figlio di Poseidone. Verrebbe da pensare la stessa cosa per un altro figlio di Poseidone: Enzo Maiorca, la leggenda dell’immersione in apnea. La sua storia ha inizio a Siracusa negli anni 30, quando era ancora lontana l’idea delle straordinarie imprese che lo avrebbero reso un fuoriclasse dello sport. Il mare faceva parte della vita quotidiana e lo conosceva bene, tanto da non sottovalutare la forza che sapeva sprigionare. Imparare a nuotare fin dalla tenera età era scontato per i bambini che abitavano al mare e anche Enzo a 4 anni sapeva andare sott’acqua. Una volta cresciuto, aveva coltivato la passione per lo sport be si era dedicato a tutte quelle discipline che prevedevano come protagonista il mare. Aveva ormai 25 anni, quando, nell’estate del 1956, era stata compiuta un’impresa eccezionale: 2 esperti pescatori subacquei erano riusciti a scendere in apnea a 41 metri sotto il livello del mare. La sacra fiamma della competizione si era accesa e per spegnerla sarebbe bastato scendere ancora più giù, nelle profondità di quelle acque sempre più buie man mano che aumenta la distanza dalla superficie. Enzo era un atleta con un fisico sportivo e una tenacia provvidenziale. Allenamento su allenamento, non era terminato un lustro dal momento in cui aveva deciso di diventare imbattibile nell’apnea che il suo nome stava per fare il giro del mondo. L’occasione si concretizzava nel 1960, quando batteva il record scendendo in apnea a – 45 metri. Il suo primato rimaneva inviolato solo per qualche mese, perchè si era accesa una competizione senza precedenti per la conquista delle profondità marine. Ognuno desiderava sconfiggere gli avversari, ma forse era anche una gara personale, un sistema per dimostrare che, con dedizione e un ferreo addestramento, si riuscivano a superare anche i limiti umani più impensabili. A settembre uno dei suoi antagonisti gli rubava per un metro la scena, spronandolo a fare ancora meglio, e solo 2 mesi dopo Enzo se lo riprendeva scendendo a – 49 metri. Da allora sarebbe stato un susseguirsi di record conquistati e persi, in continua gara con diversi contendenti tra i quali il delfino degli abissi, Jacques Mayol, una sorta di alter ego con cui fare sempre i conti e uno sprone per migliorarsi sempre, morto suicida a 74 anni nel 2001. Le discese nelle profondità del mare proseguivano a suon di battaglie giocate sul filo del metro. C’era stato anche un episodio molto chiacchierato nel 1974. Enzo doveva raggiungere quota – 90 metri, calandosi lungo un cavo di acciaio, e la Rai aveva deciso di riprendere quell’impresa eccezionale mandando un esperto subacqueo come inviato speciale per l’occasione. Per il nuovo record il campione siciliano si era allenato attentamente. La preparazione prima di immergersi era durata anche più del previsto, poi finalmente si era buttato in mare e aveva iniziato la discesa gradualmente, com’è necessario fare per assicurare la dovuta compensazione. Mentre tutto il pubblico seguiva in diretta quella che si prospettava come un’altra conquista eccezionale, a una ventina di metri Enzo si imbattè nel cronista della Rai e l’impatto fu tale che riemerse in superficie scaricando davanti alle telecamere tutta la frustrazione per l’occasione sfumata. I termini erano stati così forti che per molti anni la Rai si dimenticò di lui. Nel settembre del 1974 si era assestato su quota – 87, poi si era ritirato per un periodo sabbatico. Nel frattempo la sua fama era proseguita indirettamente con le figlie Patrizia e Rossana, quest’ultima spirata prematuramente nel 2005, entrambe eredi del sangue di Poseidone e per questo spinte come il padre a confrontarsi con le profondità del mare. Le ragazze avevano raggiunto vari record in apnea. Stando a riposo dalle gare ufficiali, Enzo aveva avuto il tempo di scrivere un libro che raccontava i suopi successi subacquei, pubblicato nel 1977, A capofitto nel turchino: vita e imprese di un primatista mondiale. Convinto dalle figlie, nel 1986 aveva ricominciato a immergersi e a scendere, scendere e scendere. Fino a quando nel 1988, all’età di 57 anni, raggiungeva il proprio record assoluto: – 101 metri. Aveva chiuso così, in bellezza, una carriera coronata di successi incredibili ispirata dalla sfida con se stesso e dal rispetto per il mare, elemento del tutto imprevedibile e indomabile.