Con la sua polpa zuccherina e profumata, la frutta essiccata regala il sapore dell’estate anche in pieno inverno e, spesso, un tocco di esotismo. Infatti, oltre ai frutti più comuni come fichi, prugne, mele o albicocche, in commercio si trovano molti prodotti di paesi lontani. I datteri, che importiamo soprattutto dalla Tunisia, sono i più noti, ma i frutti del momento sono quelli tropicali, ananas, mango e papaya, sempre più diffusi soprattutto durante le feste. Mediamente, gli italiani amano la frutta essiccata. Il prodotto preferito è l’uva sultanina, ma anche il consumo delle prugne è in crescita mentre è stabile quello dei datteri e delle albicocche. L’essiccazione è una tecnica di conservazione antica e molto diffusa, perchè in antichità il calore del sole è stato utilizzato per disidratare i frutti freschi e conservarli per i mesi invernali. La riduzione del tasso di umidità può essere effettuata in vari modi. Quello tradizionale consiste nell’esporre il frutto all’aria e al sole per un periodo di tempo più o meno lungo e viene usato ancora oggi per alcuni prodotti, come datteri, fichi e uva sultanina. La tecnica moderna invece mette i frutti ad essiccare in ambienti riscaldati artificialmente con aria calda o in apposti forni. Prima della disidratazione, i frutti tropicali e i datteri vengono immersi in una soluzione di acqua e zucchero che serve a prolungarne la conservazione. Uno dei maggiori problemi della frutta essiccata è proprio quello della conservazione. Per questo, spesso si usano conservanti di solito anidride solforosa o i suoi sali, impiegati anche in enologia, che impediscono lo sviluppo di muffe e neutralizzano gli enzimi che farebbero marcire la frutta e ne deteriorerebbero il colore. Ecco perchè le albicocche secche non trattate hanno una tinta marroncina ben diversa dall’arancione brillante di quelle addizionate con anidride solforosa o biossido di zolfo. Questi conservanti, indicati in etichetta con sigle che vanno da E220 a E227 e per cui la legge ha stabilito i valori massimi utilizzabili, a dosi moderate non creano problemi. L’importante è non superare il limite quotidiano di 0.7 mg per kg corporeo perchè possono provocare mal di stomaco o emicranie in soggetti particolarmente sensibili. Alcuni consigliano di sciacquare la frutta per eliminare i conservanti, ma in realtà l’acqua non ha effetto su queste sostanze. Determinati frutti inoltre, soprattutto il mango e la papaya, possono contenere coloranti e aromi per esaltarne il gusto e il colore. Non c’è da preoccuparsi, invece, se i fichi secchi diventano biancastri in superficie: è semplicemente lo zucchero, di cui questi frutti sono ricchi, che con il tempo tende a cristallizzarsi. L’essiccazione, eliminando gran parte dell’acqua presente nei frutti, concentra i nutrienti, come gli zuccheri, i minerali, le vitamine e le fibre. Ecco perchè la frutta essiccata è un cibo ad alta densità nutrizionale, ricchi di antiossidanti che combattono l’invecchiamento e numerose malattie. Per esempio, le albicocche sono l’elemento naturale con il più alto tenore di fibra che riduce il rischio di malattie cardiache e di alcune forme di tumore; inoltre, mangiandone 5 si copre il fabbisogno giornaliero di betacarotene, prezioso per la salute degli occhi e della pelle. Invece i fichi secchi contengono più calcio del latte che, aiutato dal fosforo, si fissa meglio nelle ossa. Le prugne secche sono l’alimento più ricco di antiossidanti mentre i datteri abbondano di potassio e di ferro. Naturalmente, anche il valore energetico della frutta essiccata è elevato, 230-300 calorie per etto: per questo non va considerata un’alternativa alla frutta di stagione o un fine pasto ma un vero e proprio alimento, oppure una merenda o uno spuntino spezza fame sano e nutriente.
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