Dobbiamo imbucare una lettera, rispondere a un invito, telefonare a un amico? Rimandiamo, inevitabilmente, a domani. Tanto, ci diciamo per tranquillizzarci, non c’è nessuna fretta. Per essere sicuri di non dimenticarci prendiamo appunti, attacchiamo fogliettini gialli auto adesivi, la più grande invenzione del XX secolo, tra l’altro, in tutti i posti possibili e immaginabili: sulla scrivania, sulla parete, sul cruscotto della macchina. Li vediamo praticamente ogni mezz’ora. E ogni volta ci diciamo: domani lo farò. Naturalmente quella lettera non verrà mai imbucata, a quell’invito non risponderemo, quella telefonata, che pure era importante, non la faremo. Siamo forse smemorati? In parte, ma soprattutto siamo pigri. Siamo capaci di sorbirci 5 Km a piedi sotto il solleone, o sotto la pioggia, per ammirare la nostra squadra del cuore, ma la sola idea di scendere dalla macchina per avvicinarci ad una cassetta della posta, o di abbandonare la tv per prendere in mano il telefono ci da l’angoscia. Tanto non c’è fretta. Il rinvio è lo sport nazionale. Rimanda a domani la donna di casa che deve fare le pulizie di fino, con il risultato di trovarsi sommersa dalla polvere; rimanda lo studente, che non studia la lezione di storia con la convinzione che il professore, tanto, non interrogherà proprio lui; rimanda l’innamorato che deve fare la dichiarazione alla sua bella. E può capitare che, di rinvio in rinvio, ne incontri una ancora più bella, nel qual caso la tattica del rinvio si sarà rivelata vincente. Se invece sarà la bella, stanca di aspettare, a piantarlo, si consolerà pensando che non era la ragazza giusta. Finora abbiamo parlato di sciocchezze: lettere non spedite, telefonate non fatte, dichiarazioni d’amore mancate. Tutte cose senza importanza, la cui mancata attuazione non pregiudica il normale andamento della vita. I guai hanno inizio quando applichiamo l’arte del rinvio anche alle cose serie. Quel certo dolorino che avvertiamo tra la 4° e la 5° costola, per esempio. Non facciamo che dirci che dobbiamo andare dal dottore, fare un check up, sottoporci ad accurate analisi. Ce lo diciamo. Ma poi rimandiamo. Tanto che fretta c’è’? E il genitore che deve spiegare al figlio adolescente le cose del sesso? Ha letto tutti i libri sull’argomento, si è documentato, ha studiato parola per parola il difficile discorso che dovrà rivolgere al giovanotto, o alla fanciulla, nel qual caso toccherebbe alla madre. Tutto sarebbe pronto, ma non si trova mai il momento adatto. Con il risultato che i figli crescono e un bel giorno, anche loro dopo numerosi rinvii, trovano il coraggio di dire ai genitori che li stanno rendendo nonni. Il che, quali che siano le circostanze, è pur sempre una buona notizia. Purtroppo questa tara nazionale non affligge solo i singoli individui. Affligge anche lo Stato, il governo, gli enti pubblici, i consigli comunali. La burocrazia è la più grande procrastinatrice di tutti i tempi. C’è una strada da asfaltare, un progetto edilizio da varare, una riforma da mettere in cantiere? I diretti interessati, all’unisono, si dicono pronti a partire. Fanno grandi proclami, pronunciano discorsi ricolmi di belle parole, soprattutto in periodo elettorale, quando si assiste a migliaia di pose di prime pietre, promettono che tutto verrà risolto quanto prima. Infine creano, immancabilmente, una sottocommissione che dovrà occuparsi dell’attuazione pratica del progetto. Ecco, la creazione della sottocommissione è il primo passo del rinvio. Trascorreranno mesi, a volte anni, e non accadrà niente. Fino al giorno in cui qualcuno, alzatosi con la luna di traverso, non ricorderà qualcosa. “Ma, non dovevamo asfaltare quella strada? ” domanda in perfetta buona fede. Verrà subito messo a tacere: problemi più impellenti urgono, l cose da fare sono sempre troppe e il tempo a disposizione sempre così poco. Perchè andare a ripescare nel passato? Ci sono nuovi programmi da varare, nuove iniziative da mettere in cantiere, nuove forze da mobilitare. Infine verrà creata una sottocommissione. E tutto ricomincerà da capo, mentre i problemi e le cose da fare si accumulano come le foglie spinte dal vento. Il bello, o meglio: il brutto, è che noi, gente comune, ce la prendiamo con i potenti, accusandoli di rinviare all’infinito la soluzione di 1000 problemi aperti. Ma, sinceramente, non siamo tutti così? La strada non asfaltata altro non è, a livello più alto, che il corrispettivo della lettera non imbucata, della telefonata non fatta, della lampadina dell’anticamera bruciata da mesi e mai sostituita. Siamo tutti afflitti, alla base e al vertice, della stessa pigrizia, fisica e mentale, che ci impedisce di fare subito, senza rimandare a domani, le cose che si devono, o si dovrebbero, fare. Come fanno i giapponesi. A proposito di giapponesi. Avrete letto che è stata scoperta, proprio in Giappone, una nuova malattia chiamata karoshi, che miete migliaia di vittime ogni anno? E lo sapete da cosa è causata questa malattia? Dal superlavoro. Dalla mania dei giapponesi di fare sempre le cose in tempo, senza rinviarle a domani. Se ne deduce che, in fondo, abbiamo ragione noi: ritardatari, senz’altro, ma almeno vivi. Meglio vivi domani che stroncati dal karoshi oggi.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.