CAESAR SALAD

  • 1 cespo di lattuga
  • 2 mazzetti di rucola
  • 30 gr di mais tostato e salato
  • 125 gr di tempeh
  • 2 cucchiai di miso
  • 2 cucchiai di succo di limone
  • 1 cucchiaio di sciroppo di acero
  • 2 cucchiai di fermentino spalmabile di anacardi
  • 1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva
  • sale
  • pepe nero

Prepara la marinatura mescolando il miso, il succo di limone e lo sciroppo di acero. Taglia il tempeh a cubetti e fallo marinare in una ciotola per almeno 2 ore, quindi soffriggilo in una padella con un filo di olio fino a renderlo croccante. Fai la salsa frullando il fermentino di anacardi con l’olio, il sale e il pepe nero macinato fresco. Monda la lattuga, la rucola e tagliale a pezzetti. Mettile in una ciotola, aggiungi il tempeh, il mais e la salsa di fermentino. Mescola e decora con un’altra macinata di pepe nero.

LATTICINI: DI CAPRA O VACCINI

CAPRINI: Colore: è candido perchè il betacarotene nelle capre viene trasformato in vitamina A. Sapore: Deciso, con retrogusto salato, ma meno marcato rispetto ad un tempo. Valori nutrizionali: i grassi sono maggiori, ma di tipo buono. Zuccheri e proteine sono equivalenti: più alti i livelli di taurina, che ha effetti benefici, calcio e fosforo. Digeribilità e allergie: sono più digeribili perchè i globuli di grasso sono molto piccoli. Ma contengono lattosio e non sono indicati per gli intolleranti, anche se in alcuni casi provocano meno disturbi. VACCINI: Colore: il betacarotene, pigmento aranciato, a a latte e yogurt una sfumatura giallina. Sapore. è tendenzialmente dolce e delicato, anche se aroma e gusto variano in base all’alimentazione che ricevono le vacche. Valori nutrizionali: sono più magri e un po meno calorici di quelli caprini. Sotto il profilo proteico contengono più caseina, amminoacido importante per la caseificazione. Anche i livelli di vitamina B12, che è indispensabile per l’organismo, e di acido folico sono decisamente più elevati. Digeribilità e allergie: Sono meno facili da digerire, soprattutto nel caso di anziani e bambini. La caseina è allergizzante.

BESCIAMELLA

  • 1\2 litro di bevanda di riso o di soia
  • 50 gr di farina 00
  • olio extra vergine di oliva
  • noce moscata
  • sale

Versa 1\2 dl di olio in una casseruola, scaldalo, unisci la farina in una sola volta e tostala nel condimento per 1-2 minuti, mescolando in continuazione. Versa a filo la bevanda di riso mescolando contemporaneamente con una frusta e cuoci la salsa su fiamma bassa per 7-8 minuti. Unisci una presa di sale e un pizzico di noce moscata grattugiata, mescola e spegni.

GAMBERONI E CREMA DI AVOCADO

  • 18 code di gamberoni pulite
  • 100 gr di maionese
  • 1\2 avocado maturo
  • 1 costa di sedano
  • 1 mazzetto di erbe fresche: timo, salvia, origano
  • 1 cipollotto
  • 4 spicchi di aglio nuovo
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • 2 gr di agar agar
  • 1\2 limone
  • 1\2 litro di brodo di pesce
  • fiori e foglie per decorare
  • sale

Fai bollire per 20 minuti il brodo di pesce con il vino bianco, 1 bicchiere di acqua, 2 strisce di scorza di limone, l’aglio, il cipollotto, il cipollotto, il sedano e le erbe. Poi unisci le code di gamberoni e cuocile per 3 minuti. Sgocciolale e filtra 2 volte il brodo. Mettilo di nuovo sul fuoco con l’agar agar e mescola per 5 minuti dall’ebollizione. Versalo nei piatti e lascialo gelificare. Frulla la polpa dell’avocado con la maionese, il succo del limone e una presa di sale. Distribuisci i gamberoni e la crema di avocado nei piatti. Spolverizza con il peperoncino e guarnisci con i fiori e le foglie.

INSALATA VEGAN NEL BARATTOLO

  • 1 mela evelina
  • 60 gr di bulgur già lessato e scolato
  • 1 peperone rosso
  • 30 gr di pistacchi sgusciati al naturale
  • 70 gr di fagioli rossi lessati
  • qualche foglia di insalata verde
  • 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
  • 1\2 limone
  • 1\2 cucchiaino di sale

Pulisci il peperone pulendolo da filamenti semi e scottalo in acqua bollente, quindi spellalo e taglialo a cubetti. Lava la mela e tagliala a cubetti, senza sbucciarla. Scola i fagioli. Disponi nel barattolo gli ingredienti a strati, partendo dal bulgur, poi il peperone, la mela, i fagioli, i pistacchi, l’insalata. Emulsiona olio, succo di limone e sale e irrora il tutto.

CHUTNEY CON I FORMAGGI

  • 500 gr di carote gialle
  • 1 cipolla bionda
  • 1 mela renetta
  • 180 gr di zucchero di canna
  • 50 gr di uvetta
  • 1 arancia non trattata
  • 4.5 dl di aceto di mele

Metti l’uvetta in acqua tiepida per 20 minuti. Sbuccia le carote, lavale e grattugiale con una grattugia a fori grossi. Sbuccia la cipolla e tagliala a fettine sottili. Sbuccia la mela, leva il torsolo e riducila a dadini. Lava l’arancia, preleva la scorza con un pelapatate senza la parte bianca e tagliala a striscioline. Scottala in acqua in ebollizione per 1 minuto e scolala. Riunisci tutto in una casseruola, aggiungi l’uvetta scolata e strizzata, l’aceto, lo zucchero, il succo dell’arancia filtrato e cuoci il composto coperto per 40 minuti. Metti in 4 vasi sterilizzati da 1.5 dl, chiudili ermeticamente, capovolgili e lasciali raffreddare. Il tuo chutney è pronto perfetto da assaporare accompagnato da formaggi.

CIOCCOLATO PIU’ SANO

Che il cioccolato fondente, con un’elevata percentuale di cacao, e poco zucchero, sia stato sdoganato dai nutrizionisti non è una novità: è infatti ricco di antiossidanti benefici, stimolante per il sistema nervoso, utile contro l’ipertensione. In linea con le tendenze salutiste, i produttori vanno oltre, per esempio utilizzando il cosiddetto cacao crudo o riducendo sempre di più la quantità di zucchero. Nel primo caso, secondo la filosofia crudista il cacao, non sottoposto a tostatura ad alte temperature, conserva al meglio le sue sostanze benefiche, soprattutto gli antiossidanti. In quanto alla riduzione dello zucchero, senza utilizzare dolcificanti naturali come il maltitolo o artificiali, l’ultima novità è il cioccolato con la radice di cicoria. Si tratta di una fibra vegetale naturalmente dolce, che offre anche il vantaggio di essere prebiotica, benefica per l’intestino.

LUCKY LUCIANO

Salvatore Lucania, il nomignolo Lucky, che significa fortunato, gli verrà affibbiato in un secondo tempo, nacque in Sicilia il 24 novembre 1897. A 10 anni seguì il padre emigrante negli Stati Uniti, e per qualche tempo lo aiutò nella bottega di cappellaio che l’uomo aveva aperto a New York. Ma il lavoro non faceva per lui e lo dimostrò ben presto, preferendo frequentare i bar di Little Italy e giocare a biliardo. La fortuna di Salvatore Lucania la fecero le donne. Era un bel ragazzo, con occhi e capelli neri, e non c’era fanciulla che non subisse il suo fascino. Inoltre era un duro, uno che non faceva troppi complimenti, e alle ragazze i tipi decisi sono sempre andati a genio. Ma il giovane salvatore non si limitava a sedurle: dopo aver fatto loro girare la testa, le faceva lavorare per lui: sui marciapiedi di New York, naturalmente. Arrivò ad averne più di 30, che ogni notte consegnavano nelle sue mani l’incasso della serata. Dalla prostituzione al gioco d’azzardo e allo spaccio di droga il passo fu breve. Ma oltre ad essere un duro Lucania, che nel frattempo aveva incominciato a farsi chiamare Luciano, possedeva una notevole intelligenza, che mise a frutto facendosi numerosi amici tra le forze dell’ordine. Amici non disinteressati, s’intende: ogni settimana Luciano destinava parte dei suoi utili alle bustarelle, con le quali si assicurava l’impunità. Un tipo così non poteva passare inosservato e ben presto le bande di gangster che controllavano la città gli fecero la guerra. Ma Luciano non si impressionò più di tanto: si circondò di guardie del corpo, tutti tipacci dalla pistola facile, che misero a tacere per sempre i nemici più ostinati. Si può dire che la figura del gangster cara a tanto cinema di Hollywood, tutta belle macchine, pupe al fulmicotone e abiti da 300 dollari, dell’epoca, l’abbia inventata lui. Re della mala di New York Luciano lo divenne nel 29, quando, in un momento in cui passeggiava da solo in piena notte nella sesta avenue, venne caricato di peso da 3 gorilla di una banda rivale su una macchina che si allontanò verso l’estrema periferia. I gorilla lo portarono in una baracca, lo legarono a testa ingiù ad una trave e incominciarono a torturarlo. Continuarono a lavorarlo per tutta la notte. Soltanto all’alba, dopo avergli scaricato in corpo un intero caricatore di pistola, slegarono il corpo e lo buttarono in un fossato, convinti di averlo eliminato una volta per tutte. Ma Luciano non era morto, e fu proprio in questa circostanza che si guadagnò il soprannome Lucky. Venne trovato da una donna di passaggio, che si precipitò a chiamare un’ambulanza. 3 giorni dopo, quando uscì dal coma, Luciano tenne testa alla polizia, affermando di non avere riconosciuto i suoi aggressori. ” Devono avermi scambiato per un altro”, si limitò a dire. Lasciato l’ospedale si concesse una lunga convalescenza e, quando tornò in circolazione, i 3 gorilla e coloro che li comandavano finirono nell’Hudson con qualche quintale di cemento attorno ai piedi. Luciano tornò al lavoro. Aveva creato a New York, Chicago e New Orleans un enorme giro di slot machines, che gli assicuravano guadagni da capogiro. Nel frattempo tutte le prostitute e gli spacciatori di droga di New York erano costretti a versagli una cospicua fetta degli utili. LA fortuna di Lucky Luciano declinò nel 1935, quando il procuratore distrettuale Thomas Dewey diede inizio ad una seria indagine su di lui. Luciano si trasferì in Florida, dove impiantò una nuova centrale di prostituzione, spaccio e gioco di azzardo, ma le prostitutre di New York approfittarono della sua lontananza per sottrarsi alla tassa delle tangenti. Luciano ne fece pestare a sangue un paio, ma ottenne l’effetto contrario: numerose ragazze si ribellarono e testimoniarono contro di lui, agevolando il lavoro di Dewey. Il gangster finì in galera, ma la cosa non gli impedì di continuare a far parte del sindacato del crimine, sorto nel frattempo a New York. A questo punto la storia di Luciano, che avrebbe dovuto restare in galera a vita, si fa misteriosa. Sembra, la formula dubitativa è d’obbligo, che il gangster, grazie alle sua amicizie con mafiosi siciliani, abbia dato una mano ai servizi segreti americani per agevolare lo sbarco alleato in Sicilia. Anche se la cosa non è mai stata dimostrata, qualcosa deve essere successo perchè Lucky Luciano, alla fine della guerra, tornò in libertà. Ma ormai la sua stella negli Stati Uniti era tramontata e nel 46 Luciano venne espulso dagli USA come indesiderabile e rispedito in Italia. Il suo arrivo nel nostro paese coincise con l’avvento dei flipper e delle slot machines. Anche esiliato dalla sua New York Lucky non riusciva a stare lontano dagli affari. A Napoli, dove si era trasferito, conduceva una vita dispendiosa, tra belle donne e intere giornate trascorse all’ippodromo, dove sfogava la sua passione per le scommesse. Il Narcotic Bureau non smise un solo istante di tenerlo d’occhio, nella convinzione che l’intero traffico di stupefacenti fra gli Stati Uniti e l’Europa passasse attraverso di lui, ma non vennero mai trovate prove bastanti per incriminarlo. Il 25 gennaio 1962 Lucky Luciano, che era aqndato all’eroporto di Capodichino per incontrare un produttore cinematografico deciso a realizzare un film sulla sua vita avventurosa, morì, stroncato da un infarto.

FUSI E SOVRACOSCE DI POLLO AL VINO ROSSO E SUGO

Lava i fusi e le sovracosce sotto l’acqua corrente e lasciali marinare nel vino rosso e spezie per 2 ore. Successivamente fai soffriggere cipolla tritata e aglio con un filo di olio. Aggiungi il pollo e la sua marinatura, Quando il vino sarà evaporato metti la polpa, il concentrato di pomodoro, sale e pepe. Lascia cuocere per 15-20 minuti con il coperchio. Aggiungi le erbette aromatiche e termina la cottura senza coperchio per altri 10 minuti.

DOMANI E’ UN ALTRO GIORNO

Dobbiamo imbucare una lettera, rispondere a un invito, telefonare a un amico? Rimandiamo, inevitabilmente, a domani. Tanto, ci diciamo per tranquillizzarci, non c’è nessuna fretta. Per essere sicuri di non dimenticarci prendiamo appunti, attacchiamo fogliettini gialli auto adesivi, la più grande invenzione del XX secolo, tra l’altro, in tutti i posti possibili e immaginabili: sulla scrivania, sulla parete, sul cruscotto della macchina. Li vediamo praticamente ogni mezz’ora. E ogni volta ci diciamo: domani lo farò. Naturalmente quella lettera non verrà mai imbucata, a quell’invito non risponderemo, quella telefonata, che pure era importante, non la faremo. Siamo forse smemorati? In parte, ma soprattutto siamo pigri. Siamo capaci di sorbirci 5 Km a piedi sotto il solleone, o sotto la pioggia, per ammirare la nostra squadra del cuore, ma la sola idea di scendere dalla macchina per avvicinarci ad una cassetta della posta, o di abbandonare la tv per prendere in mano il telefono ci da l’angoscia. Tanto non c’è fretta. Il rinvio è lo sport nazionale. Rimanda a domani la donna di casa che deve fare le pulizie di fino, con il risultato di trovarsi sommersa dalla polvere; rimanda lo studente, che non studia la lezione di storia con la convinzione che il professore, tanto, non interrogherà proprio lui; rimanda l’innamorato che deve fare la dichiarazione alla sua bella. E può capitare che, di rinvio in rinvio, ne incontri una ancora più bella, nel qual caso la tattica del rinvio si sarà rivelata vincente. Se invece sarà la bella, stanca di aspettare, a piantarlo, si consolerà pensando che non era la ragazza giusta. Finora abbiamo parlato di sciocchezze: lettere non spedite, telefonate non fatte, dichiarazioni d’amore mancate. Tutte cose senza importanza, la cui mancata attuazione non pregiudica il normale andamento della vita. I guai hanno inizio quando applichiamo l’arte del rinvio anche alle cose serie. Quel certo dolorino che avvertiamo tra la 4° e la 5° costola, per esempio. Non facciamo che dirci che dobbiamo andare dal dottore, fare un check up, sottoporci ad accurate analisi. Ce lo diciamo. Ma poi rimandiamo. Tanto che fretta c’è’? E il genitore che deve spiegare al figlio adolescente le cose del sesso? Ha letto tutti i libri sull’argomento, si è documentato, ha studiato parola per parola il difficile discorso che dovrà rivolgere al giovanotto, o alla fanciulla, nel qual caso toccherebbe alla madre. Tutto sarebbe pronto, ma non si trova mai il momento adatto. Con il risultato che i figli crescono e un bel giorno, anche loro dopo numerosi rinvii, trovano il coraggio di dire ai genitori che li stanno rendendo nonni. Il che, quali che siano le circostanze, è pur sempre una buona notizia. Purtroppo questa tara nazionale non affligge solo i singoli individui. Affligge anche lo Stato, il governo, gli enti pubblici, i consigli comunali. La burocrazia è la più grande procrastinatrice di tutti i tempi. C’è una strada da asfaltare, un progetto edilizio da varare, una riforma da mettere in cantiere? I diretti interessati, all’unisono, si dicono pronti a partire. Fanno grandi proclami, pronunciano discorsi ricolmi di belle parole, soprattutto in periodo elettorale, quando si assiste a migliaia di pose di prime pietre, promettono che tutto verrà risolto quanto prima. Infine creano, immancabilmente, una sottocommissione che dovrà occuparsi dell’attuazione pratica del progetto. Ecco, la creazione della sottocommissione è il primo passo del rinvio. Trascorreranno mesi, a volte anni, e non accadrà niente. Fino al giorno in cui qualcuno, alzatosi con la luna di traverso, non ricorderà qualcosa. “Ma, non dovevamo asfaltare quella strada? ” domanda in perfetta buona fede. Verrà subito messo a tacere: problemi più impellenti urgono, l cose da fare sono sempre troppe e il tempo a disposizione sempre così poco. Perchè andare a ripescare nel passato? Ci sono nuovi programmi da varare, nuove iniziative da mettere in cantiere, nuove forze da mobilitare. Infine verrà creata una sottocommissione. E tutto ricomincerà da capo, mentre i problemi e le cose da fare si accumulano come le foglie spinte dal vento. Il bello, o meglio: il brutto, è che noi, gente comune, ce la prendiamo con i potenti, accusandoli di rinviare all’infinito la soluzione di 1000 problemi aperti. Ma, sinceramente, non siamo tutti così? La strada non asfaltata altro non è, a livello più alto, che il corrispettivo della lettera non imbucata, della telefonata non fatta, della lampadina dell’anticamera bruciata da mesi e mai sostituita. Siamo tutti afflitti, alla base e al vertice, della stessa pigrizia, fisica e mentale, che ci impedisce di fare subito, senza rimandare a domani, le cose che si devono, o si dovrebbero, fare. Come fanno i giapponesi. A proposito di giapponesi. Avrete letto che è stata scoperta, proprio in Giappone, una nuova malattia chiamata karoshi, che miete migliaia di vittime ogni anno? E lo sapete da cosa è causata questa malattia? Dal superlavoro. Dalla mania dei giapponesi di fare sempre le cose in tempo, senza rinviarle a domani. Se ne deduce che, in fondo, abbiamo ragione noi: ritardatari, senz’altro, ma almeno vivi. Meglio vivi domani che stroncati dal karoshi oggi.