Bisognerebbe rivalutare l’importanza dei latticini nella storia delle arti. Renzo Piano, uno dei più importanti architetti contemporanei, racconta divertito che l’ispirazione per una sua creazione gli era venuta un giorno, dopo aver inciso un pezzo di parmigiano con un coltello a mandorla. Ne era uscita una forma strana, che gli avrebbe fatto venire in mente di applicarla al suo lavoro. Salvador Dalì, eccentrico e geniale pittore catalano, deve ringraziare invece il camembert per uno dei suoi dipinti più famosi, La persistenza della memoria. Lui stesso rivelava che, in una sera del 1931, la moglie Gala voleva andare al cinema con degli amici. Lui aveva mal di testa e così rimase a casa. A cena si trovò di fronte la lasta grassa e molle del celebre formaggio francese e gli venne un’idea. Stava lavorando ad un quadro che rappresentava uno scorcio del paesaggio vicino a Port Liligat, sulla Costa Brava, località dove era solito andare per le vacanze. Un dipinto che probabilmente sarebbe rimasto senza pretese e che lui, in appena 2 ore, trasformò in un capolavoro assoluto del Surrealismo. Aveva associato l’ipermollezza del formaggio allo scorrere del tempo, un concetto filosofico a cui si aggrappò con le tempie che gli pulsavano. Su quella marina mediterranea Dalì applicò degli orologi che sembravano squagliarsi al sole e infatti, come primo titolo, l’opera venne da lui chiamata Gli orologi molli. Quando la signora Gala tornò dalla sua serata cinefila, quest’olio su tela era già pronto. E fu immediatamente chiaro a tutti che sarebbe stato classificato tra i capolavori della pittura contemporanea. Nel 1932 venne subito acquistato da un lungimirante gallerista di New York, Julien Levy, che gli diede il tocco finale, cambiando il titolo in quello, più accattivante, de La persistenza della memoria, che gli sarebbe rimasto per sempre. Tempo 2 anni e il Moma di New York, l’istituzione museale più importante al mondo per l’arte moderna e contemporanea, lo comprò per 350 dollari. Oggi si trova ancora lì, presentato come un capolavoro del Surrealismo. Da quando, alla fine degli anni 20 del XX secolo, Dalì si era trasferito a Parigi, aveva manifestato molto interesse per la psicanalisi di Freud e la teoria dell’interpretazione dei sogni, ma nel quadro del 1931 c’è anche di più: quegli orologi molli sullo sfondo di una landa deserta rimandavano anche alle nuove teorie della relatività di Einstein o al concetto di percezione del tempo di Bergson. L’orologio che si scioglie significa la sconfitta del tempo misurabile, del fluire reale delle ore, di fronte alla soggettività della percezione e della memoria. Il tempo è curvo, elastico e soggettivo. Lo sfondo del quadro è un cielo giallastro e azzurro, in un giorno di calma piatta, dove il mare è una tavola immobile e le rocce che si scorgono in lontananza sono prive di vegetazione e di ogni forma di vita. Nessun essere umano compare in quest’opera. Sulla spiaggia bruna, accasciati e quasi stremati, simili a naufraghi che abbiano appena toccato terra, 3 orologi sembrano come stesi ad asciugare. Il primo pende inerte dal ramo di un ceppo di ulivo privo di foglie e ormai secco; il secondo è mollemente appoggiato ad una curiosa struttura biancastra, dello stesso colore degli ossi di seppia. In realtà, se si guarda attentamente, si riesce a vedere in quella figura una parvenza antropomorfa: un naso, una palpebra chiusa e delle ciglia forse troppo lunghe. Un terzo orologio aderisce come una gomma da masticare ad un parallelepipedo, lo stesso su cui poggia il ceppo di ulivo. Notiamo che sul quadrante c’è una mosca. Un po più in basso, a sinistra, si trova un ultimo orologio, che però questa volta è chiuso e acceso da un color arancio vivo. Sopra, brulicano le formiche. La mosca e il relitto biancastro lasciato dal mare fanno pensare al tempo come ad un cadavere che si decompone, qualcosa che non ha un valore assoluto, ma relativo, fallibile come gli strumenti umani che cercano di misurarlo. La percezione di questo e il suo scorrere oggettivo, dunque, sono cose diverse. Sopra la vecchia concezione del tempo ora banchettano le formiche, unica presenza viva del quadro insieme alla mosca: le mosche vanno sulle carogne, le legioni delle formiche sono in grado di spolpare qualsiasi cosa in un attimo. Dalì provava nei loro confronti una vera e propria fobia che risaliva alla sua infanzia, quando le vide attaccare e fare a pezzi, divorandolo, un coleottero.